Ci provo anch'io. LA FINE DELL'UMANITA'

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stefanchenco
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Ci provo anch'io. LA FINE DELL'UMANITA'

Messaggio da stefanchenco »

Visto che ho un po' di tempo libero quasi quasi mi metto anch'io a scrivere qualcosa... :mrgreen:
Se ho pareri positivi continuerò, altrimenti avvisatemi di non perdere tempo e che non ho talento che così smetto per il bene dell'umanita :D


CAPITOLO 1: UN GIORNO DI FESTA

- “Che sfortuna dover rimanere di guardia al villaggio proprio il giorno della festa, non pensi?”
- “Hai ragione, ma lo sai che il dovere viene prima di tutto. Darei anch’io qualsiasi cosa per poter festeggiare la nascita del nostro profeta, ma visti gli attacchi ripetuti di quei dannati dobbiamo rimanere in guardia!”
- “Ah ah, tanto non si faranno mai vedere, che osino solo provar...”
Non ebbe il tempo di finire la frase, che qualcosa aveva trapassò il suo collo da una parte all’altra. Uno schizzo di sangue rossastro schizzò sul volto del suo compagno, immobilizzato dalla paura. Alzò lo sguardo, ma vide solo una nuvola di polvere farsi sempre più vicina. Le schegge di legno della palizzata, colpite da una miriade di proiettili, stavano volando tutt’intorno. Il soldato ebbe solo il tempo di far uscire dalla sua bocca un suono spento, pieno di terrore, che il suo corpo venne dilaniato e calpestato da una miriade di zoccoli.
All’interno tutte quelle ignare persone ballavano al chiaro di quella Luna maledetta e tanto odiata, mentre le musiche coprivano i suoni provenienti dall’esterno. Uno stato d’eccitazione e di gioia incontenibile riempivano l’aria del villaggio mentre il profeta declamava la sua ultima profezia su un grande eroe Crescientia destinato a salvare l’umanità intera. Non ebbe neppure il tempo di finire che le sue parole, da calde e incoraggianti, divenirono urla di panico. L’incubo peggiore apparve improvvisamente davanti agli occhio degli inconsapevoli festeggianti: un gruppo di cavalieri, approfittando delle difese sguarnite, aveva fatto irruzione, seminando morte e distruzione.
Per evitare i Geminilasher luterani chiunque potesse si nascose nelle capanne o cercò riparo in ogni possibile anfratto, ma la maggior parte crollò a terra sotto i colpi mortali dei nemici. I cavalieri gridarono di gioia vedendo i loro grandi rivali soccombere, ma fare irruzione e sperare di cavarsela così facilmente era solo un sogno, soprattutto se di fronte si ha un profeta. Protetto dai corpi dei suoi compagni, sacrificati per la protezione del loro capo spirituale, il suo potere aumentò grazie a formule antiche e incomprensibili, così da rendere il suo corpo pulsante di energia. Improvvisamente, alzando le mani, una colonna di luce si irradiò nel villaggio, e lo sguardo dei soldati Brotherhound improvvisamente mutò. In preda ad un coraggio e ad una forza d’animo incredibili volsero lo sguardo al nemico e sfidandolo apertamente imbracciarono le armi e iniziarono il contrattacco.
La battaglia si fece sempre più cruenta. Il sangue imbevve il terreno, mentre uno ad uno i corpi dei combattenti crollarono a terra trafitti da spade e proiettili. L’euforia della festa di era trasformata in una battaglia macabra e violenta. Nulla di tutto ciò poteva essere definito bello e glorioso, eppure una figura nascosta nell’ombra sorrideva a tanta desolazione. I suoi occhi scarlatti come il fuoco guardavano con ammirazione a ciò che stava succedendo, quasi come se gioisse e si alimentasse della morte e dell’odio di quelle persone, aumentando ulteriormente quell’innaturale brillare del suo sguardo.



CAPITOLO 2: IL RITROVAMENTO

Molto distante da lì, su un altro pianeta, le cose non andavano molto diversamente. La natura umana è uguale in ogni angolo dell’universo, ed anche qui su Venere la regola è rispettata. Altre rovine, distruzione, desolazione. Altre vite spezzate.
- “Sergente Andrei Mirnovov, codice identificativo A5215 a base, rispondete passo.”
- “Qui base Roterhafen, qual’è la sitauzione? Passo.”
- “Siamo arrivati nel punto L25-58 come prestabilito. Nessun contatto con esseri viventi. Abbiamo trovato la cittadina in fiamme ed alcuni edifici rasi al suolo. Ci sono state esplosioni nella zona nord ed alcuni AG17 Panzerknaker sono stati lasciati per terra nelle strade, segno che gli abitanti si sono difesi, ma i corpi delle sentinelle non ci sono, e neppure dei civili. Sembrano tutti spariti nel nulla, è incomprensibile. Gli indizi raccolti ci portano a pensare ad un attacco non umano, abbiamo trovato segni di artigli su alcune muri e perfino nelle lastre d’acciaio dei serbatoi, ma è ancora solo una supposizione. Passo.”
- “La situazione è molto strana. Continuate con le indagini ed avvisateci di ogni nuovo sviluppo. Il consiglio generale si sta riunendo ora, il rapporto verrà immediatamente consegnato e discusso, appena avremo novità vi contatteremo. Passo e chiudo.”
- “Ricevuto. Passo e chiudo.”

Non è la prima volta che la squadra di Ranger si trovava in situazioni del genere, ed il sergente è un veterano temprato da mille battaglie, ma non conoscere il nemico lo lasciava nervoso. Immediatamente ordinò ai suoi uomini di muoversi in coppie per evitare rischi, ben conscio che molte volte truppe Mishima bazzicavano la zona in cerca di antichi artefatti tecnologici nella vicina Polaria. In ogni caso non era nel loro stile far sparire i corpi delle vittime, sembrava più un lavoro da Oscura Legione. Le loro cittadelle erano lontane, ma per cercare carne da macello per i loro macabri esperimenti potevano avventurarsi anche in territorio nemico senza paura. Se avesse avuto ragione il rischio poteva essere ben più grande.

“Sergente, venga presto, abbiamo trovato una botola in una sala del municipio! Qui ci sono molte tracce di sangue e di proiettili da ogni parte!”

Le squadre accorsero subito per esaminare la zona. Sotto le finestre con i vetri infranti erano presenti una miriade di bossoli di grosso calibro, usati solitamente dai fucili d’assalto Bauhaus. I mobili erano stati distrutti, e solo miracolosamente l’edificio stesso non era crollato.
Ad uno ad uno i soldati iniziarono ad entrare nell’apertura e scesero per esaminare cosa si trovasse là sotto. Il pozzo era profondo circa una cinquantina di metri ed illuminato da alcune lampade appese alle pareti, con questa scaletta che scendeva sempre di più verso l’ignoto. Arrivati alla fine si dipartiva un cunicolo molto largo, opera sicuramente di un macchinario escavatore. Presumibilmente doveva essere una via di fuga per le alte cariche della città, quindi se potevano esserci dei superstiti che spiegassero l’accaduto dovevano trovarsi proprio lì.
Facendo attenzione ad eventuali imboscate i soldati avanzarono armi in mano finché ad un certo punto trovarono una biforcazione. Entrambe le strade erano uguali, tranne che quella di destra era leggermente in discesa mentre l’altra al contrario, dopo un’ulteriore svolta a sinistra, saliva. Non avendo idea di dove andare il gruppo si divise in due parti per coprire più rapidamente il territorio, il tempo era fondamentale. Il sergente Mirnovov con nove suoi compagni scelse la strada di destra, e tenendosi in contatto radio con l’altro gruppo si avviarono.
Dopo pochi minuti, che a causa della tensione a loro sembravano ore, arrivarono davanti ad una porta di ferro incastonata nella roccia. La serratura era stata divelta, perciò con molta attenzione la superarono, ma si arrestarono immediatamente. La strada girava a destra poco dopo, ma dietro l’angolo provenivano rumori strani, quasi dei sibili che ad intermissione si interrompevano e poi riprendevano. Con gesti semplici e precisi il sergente impartì gli ordini ai suoi soldati per disporsi in formazione da battaglia. Per non farsi notare osservarono con uno specchietto cosa li stava attendendo, ma ciò che videro era molto diverso da ciò che si stavano aspettando.
Un gruppo di cinque animali simili a lucertole stavano rette sulle due zampe posteriori davanti ad un altare immobili mentre la più grande di loro, alta almeno tre metri e dalla pelle violacea, si abbassava per raccogliere qualcosa.
Approfittando della loro distrazione il sergente ordinò di far fuoco e di sterminarle, la vendetta per lo sterminio dei loro compagni corporativi doveva avere subito luogo. Il rumore dei percussori riempì la grotta con l’eco degli spari che provenivano da ogni parte mentre i proiettili colpivano alle spalle quelle strane lucertole. Inaspettatamente però, nonostante la pioggia di fuoco, gli animali rimasero illesi e girandosi emisero dei suoni che colpirono in pieno i soldati. Barcollando per il dolore lancinante che stava colpendo i loro centri nervosi i ranger crollarono per terra tenendosi la testa tra le mani. Divenuti poco più che prede erano in balia dei loro aggressori che, con gli occhi iniettati di sangue, si avventarono sugli umani. Con la forza della disperazione Mirnovov sollevò il suo Hagelsturm M516D ed investì gli assalitori con una pioggia di pallini che penetrarono nei loro punti vulnerabili uccidendoli.
Immediatamente il dolore svanì e tutti i soldati poterono rialzarsi ringraziando la prontezza di riflessi del loro comandante e la potenza della sua arma. Esaminando i corpi capirono il perchè avessero resistito ad una scarica ravvicinata dei loro Panzerknaker: una sottile ma resistente pellicola di un metallo sconosciuto, simile ad una pelle verdastra, rivestiva i corpi dei rettili difendendoli dagli attacchi nemici. Non avevano mai visto una cosa del genere, ma ringraziarono il cielo che non proteggeva tutto il corpo.
- “Sergente, il corpo del loro capo ha qualcosa di strano, possiede una tasca sull’addome. Dentro ho trovato questo! “
- “Aprila subito e consegnami il contenuto. Vediamo il motivo della loro presenza qui”
- “E’ una scatola nera signore. Ha una serratura molto complessa vede? Dovremmo portarla al comando per controllarne il contenuto, che ne pensa?”
- “Penso proprio di sì. Riuniamoci ai nostri compagni e torniamo a casa, è stata una lunga giornata...”
Ripresero il cammino e s’incamminarono per l’altro cunicolo.
Ultima modifica di stefanchenco il 13/10/2009, 17:30, modificato 2 volte in totale.
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Messaggio da stefanchenco »

CAPITOLO 3: LA BATTAGLIA INFURIA

- “Sergente Mirnovov a gruppo B, rispondete passo.”
La radio gracchiava per le interferenze dei metalli presenti nel terreno.
- “Forse non ci sentono sergente...”
- “Ne dubito. Le nostre radio sono le migliori dell’intero Sistema Solare. Non dubitate mai della qualità del vostro equipaggiamento! Credo che il motivo del silenzio radio sia un altro. State in guardia!”
Una luce arrivava dal fondo della galleria. L’uscita era a pochi passi ed il gruppo si mise in formazione per un’eventuale imboscata. Nell’aria c’era un silenzio assoluto del tutto innaturale in una foresta densa come quella venusiana, ed i ranger lo sapevano bene. Bisogna preoccuparsi dei rumori e dei suoni sinistri come della loro mancanza totale.
- “Cercate immediatamente tracce dei nostri compagni e continuate a provare a mettervi in contatto con loro, ma fate molta attenzione. Muovetevi in gruppi di due. In bocca al lupo ragazzi!”
Il consiglio del loro capo in questo caso era superfluo, sapevano bene che se ci tenevano alla loro vita dovevano tenere gli occhi ben aperti. Con in mano i loro fucili avanzarono nella vegetazione, i nervi tesi ad ascoltare ogni minimo rumore sospetto. Ogni tanto provavano a mettersi in contatto con le loro radio, ma il silenzio era persistente, finché ad un tratto un rumore di spari riempì la calma di quel luogo. Tutti accorsero per capire cosa fosse successo, ma arrivati sul posto non c’era più traccia dei loro compagni, svaniti anche loro nel nulla. Solo il casco di uno dei due ed alcune chiazze di sangue testimoniavano il loro passaggio in quel punto. Oramai anche il loro naturale sangue freddo stava vacillando e la disperazione iniziò a prendere posto nei loro sguardi.

Dalla radio arrivò l’ordine di ritornare alla base con l’oggetto recuperato dalle grinfie di quegli strani esseri ripugnanti, ed a quella notizia tutti esultarono, felici di poter rivedere casa sani e salvi. Si misero subito in marcia per tornare ai loro carri e poter lasciare finalmente quel posto maledetto, ma proprio nel momento in cui credettero di avercela fatta, quando i loro mezzi erano finalmente in vista, un fischio purtroppo conosciuto attraversò i resti della città.
Da dietro i muri spuntarono i musi di quelle orribili lucertole e, ben consci della loro prima esperienza, sapevano che le armi che portavano in mano non avrebbero salvato loro la vita.
Il sergente ordinò immediatamente ai suoi uomini di correre al Kobra per utilizzare le mitragliatrici pesanti installate su di esso e spazzarli via, unica speranza rimasta. La distanza non era proibitiva, ma sicuramente quegli animali erano più agili di tutti loro messi insieme, e questo lo sapevano bene. Con una mossa diversiva i ranger si misero con le spalle agli edifici per evitare di essere attaccati alle spalle e lanciando le loro granate cercarono di farli cadere dietro di loro per seppellire gli inseguitori. La mossa funzionò ed alcuni di loro rimasero sepolti, ma altri decisamente più fortunati superarono l’ostacolo e si avventarono contro il fondo della fila. Le unghie affilatissime riuscirono ad entrare nei punti deboli delle armature Bauhaus, iniettando loro una sostanza verde fosforescente che in pochi istanti disintegrò il corpo e tutto l’equipaggiamento dei malcapitati. Il sergente non credette ai propri occhi, ma sapeva di dover fare qualcosa per salvare i propri uomini. Tirò fuori nuovamente il suo fucile a pompa e iniziò a far fuoco facendo cadere più di uno di quegli animali, ma oramai gli erano addosso ed avevano quasi accerchiato il gruppo. Mirnovov evitò il primo attacco, ma cadendo malamente all’indietro perse la sua arma. Solo l’intervento di un suo uomo lo salvò da morte certa ed anche se ferito alla testa si rialzò ed iniziò nuovamente a correre verso il Kobra, lontano solo una decina di metri.
Spade alla mano i ranger si difesero bene, ma non poteva nulla contro la forza animalesca di quegli esseri. Mirnovov salì sul blindato, ma era oramai troppo tardi; tutti i suoi uomini erano distesi a terra e si stavano sciogliendo sotto i suoi occhi scioccati ed al tempo stesso furiosi. Con le ultime forze prese in mano il cannoncino da 52 mm ed iniziò a tempestare i nemici spazzandoli via, ma l’ultimo, superando lo sbarramento d’artiglieria, gli arrivò addosso scaraventandolo a terra e rompendogli un braccio. Il dolore era troppo forte per tentare la fuga, ma non era nulla rispetto alla morte che lo attendeva. Oramai pensò che fosse la sua fine, il sudore gli colava per tutto il corpo, ma con la coda dell’occhio vide il suo Hagelsturm a pochi passi da lui. Con un balzo felino lo riprese in mano, appena in tempo per spappolare il muso a quella brutta bestiaccia che gli stava saltando addosso.
La battaglia era vinta, ma a grave prezzo. L’unica fortuna, pensò il sergente, è che era salvo.

Un ronzio improvviso lo ridestò d’un colpo. Dietro di lui uno strano marchingegno stava fluttuando a mezz’aria, una specie di occhio al centro del suo corpo metallico lo scrutava dall’alto in basso. Non osò muoversi.
Con calma, allungando un braccio meccanico spuntato dal suo torace, il robot raccolse qualcosa per terra di nero. Mirnovov impiegò qualche attimo a capire cosa, ma in un attimo intuì cos’era. Tastandosi la tasca della giacca vide che era stata tagliata di netto, probabilmente a causa di uno dei continui attacchi precedenti. Non fece ora ad alzare l’arma però che quella strana macchina si levò in aria ad una velocità sorprendente e puntando a nord ovest si lanciò in volo, lasciando il sergente incredulo: aveva appena avuto un faccia a faccia con un artefatto Mishima e gli sembrava impossibile di essere sopravvissuto pure a quest’incontro. Oggi era proprio la sua giornata fortunata, anche se doveva inventarsi una buona scusa per il generale che lo aspettava alla base.



CAPITOLO 4: RIUNIONE STRATEGICA

Nel frattempo, lontano da occhi indiscreti, nel quartier generale di Rutherhafen, era già iniziata la riunione sui fatti successi alle truppe venusiane sul pianeta, in particolare ai ranger venusiani in missione e sul loro particolare incontro. Attraverso i corridoi della base i soldati semplici potevano ammirare il via vai dei loro superiori, in fermento per motivi a loro sconosciuti. Diretti verso la sala centrale, capitani, maggiori e colonnelli si sedettero dietro un lungo tavolo di legno nero ornato con decorazioni d’oro massiccio.
- “Bene signori” iniziò il colonnello Wolfred Richausen “come già sarete già stati informati abbiamo perso un’intera squadra di ranger nelle acque a sud di qui. Il rapporto del sergente a capo della missione ha parlato di un assalto messo in atto da alcuni lucertole umanoidi che hanno sterminato i nostri uomini e un’intera cittadina utilizzando delle protezioni simili ad armature ed artigli che emanano un acido molto potente, in grado di disintegrare qualsiasi cosa venga in contatto con esso. Come ben sappiamo la fauna venusiana è molto varia ed ha creato animali molto strani e pericolosi, ma qui siamo di fronte ad esseri intelligenti che hanno attaccato con uno scopo.”
- “Sul rapporto è scritto che in quel luogo era nascosto uno strano oggetto racchiuso in una scatola nera” continuò il maggiore Ernest Gallagor “ma non fa riferimento al contenuto. Se quello era il motivo dell’attacco sarebbe interessante sapere cosa c’era dentro”
- “Ha perfettamente ragione, ma il sergente non ha potuto aprirla. La serratura era molto particolare, ed il contenitore in sé era fatto di un materiale molto resistente. Se solo fossero riusciti a portarlo qui avremmo potuto esaminarlo...”
La discussione andò avanti alcuni minuti finchè d’un tratto la porta si spalancò. Tutti i presenti si girarono per vedere chi stava entrando, visto che dall’inizio della riunione una sedia al capo della tavola era rimasta libera. L’annuncio della guardia li lasciò di stucco.
All’ingresso della sala stava un uomo alto ed imperioso, l’uniforme blu impeccabile e decine di medaglie appese ad essa. Non potevano esserci dubbi, era il generale Costance Romanov, ma perchè avrebbe dovuto spostarsi fino a quella regione?
- “Vi prego di perdonarmi, ma alcune questioni importanti ad Heimburg hanno fatto ritardare la partenza. Il mio assistente mi ha già informato di quanto successo e la questione è più grave di quanto possiate immaginare. Non posso addentrarmi nei particolari perchè la faccenda è top secret e solo le più alte cariche militari e nobiliari della corporazioni ne devono essere a conoscenza, ma sappiate che è di vitale importanza recuperare l’oggetto che ci è stato sottratto e allo stesso tempo arrivare ad impossessarci degli altri due. Purtroppo siamo arrivati tardi su quello che ci era più vicino ed a portata di mano. Avevamo notato dei movimenti sospetti nel mare meridionale di Finbul, ed i nostri osservatori avevano scoperto che alcune imbarcazioni contorte dall’Oscura Simmetria si stavano muovendo. Una tempesta ci ha impedito però di seguirle ed attaccarle, e così sono arrivate dove non avrebbe dovuto.”
- “Ci perdoni la domanda, ma dove si trovano questi oggetti e cosa sono? Ma cosa ancora più importante, qual’è la loro funzione?”
- “Mi spiace, ma come già detto non posso dirvi molto. Quello che posso rivelarvi è che uno si trova su Dark Eden ed abbiamo già predisposto alcuni reparti di ussari affinché partano. Considerato però l’aggravarsi della situazione potrebbe essere meglio affiancar loro un gruppo di etoiles mortant per fronteggiare l’Oscura Legione che sicuramente ci troveremo davanti. Abbiamo già sospetti di un loro arrivo su quel pianeta e di movimenti tra le tribù”
- “Generale Romanov” intervenì il colonnello Andrew Casparris “la mia casata sarebbe onorata di poter partecipare alla missione per dare lustro alla nostra grande corporazione. La prego, affidi a noi il comando della spedizione, non se ne pentirà!”
- “Il suo coraggio e la sua fedeltà le fanno onore, ma non si preoccupi, su Dark Eden c’è già un esperto per questi incarichi. Predisponete le truppe come vi è stato ordinato in modo che s’imbarchino entro domani mattina!”
- “E per quanto riguarda l’oggetto che c’è stato rubato? Sicuramente sarà stato portato a Quan-to o a Shoa, e se fosse già arrivato là sarà dura recuperarlo.”
- “Ho già dato ordine alle nostre spie presenti in quelle zone di controllare gli ingressi in città delle scorte militari e di segnalarcele immediatamente. Non dobbiamo lasciare nulla al caso, dobbiamo riprendercelo a tutti i costi! Predisponete immediatamente delle truppe che partano da Tromberg in modo che intercettino il convoglio e lo attacchino. Il tempo è di vitale importanza!”
- “Agli ordini signore!”
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Re: Ci provo anch'io. LA FINE DELL'UMANITA'

Messaggio da stefanchenco »

CAPITOLO 5: ODORE DI GUERRA

- “Capitano Emigholz, abbiamo osservato movimenti di cavalieri luterani nella zona di New Paris, come ci dobbiamo comportare?”
- “Continuate a tenerli d’occhio e riferitemi ogni spostamento. In quest’ultimo periodo sono più aggressivi del solito, la cosa m’insospettisce, ma non fatevi scoprire, dobbiamo evitare di farci trovare nel loro territorio!”
- “Agli ordini! Ne approfitto per riferirle che dal quartier generale è giunta notizia che le truppe di supporto da Venere sono partite e saranno qui entro poco tempo.”
- “Perfetto, ne avevamo proprio bisogno. Dì agli uomini di rimanere all’erta ed aumentare i controlli, non voglio brutte sorprese. La missione che c’è stata assegnata è arrivata molto dall’alto e non voglio far brutta figura con i vertici della nostra corporazione.”

Emigholz rimase da solo nella sua tenda a meditare, si sentiva quasi un cercatore di tesori. Oltre la ricerca dei teschi chiave gli era stata affidata anche quest’altra missione, praticamente era stato messo in disparte fuori dai campi di battaglia, un veterano di tante guerre nel pieno dell’azione, o almeno così si sentiva dentro, ma la fedeltà nella Bauhaus gli imponeva di rispondere ad ogni ordine sempre affermativamente, anche se alcune volte a malincuore. Oltretutto non sapeva bene neppure cosa doveva cercare, le informazioni erano spezzettate, ma probabilmente era normale perchè le stesse alte sfere non erano a conoscenza di tutti i dettagli.

Tutto svanì dalla sua mente quando all’improvviso, da qualche parte lontano nella vasta pianura vicino al suo campo base, arrivò un rombo minaccioso e pochi istanti dopo la terra sotto i suoi piedi tremò facendolo quasi cadere a terra.
Uscendo vide all’orizzonte una luce molto forte che si stava affievolendo ed uno strano senso di disagio s’impadronì di lui. Corse subito verso una delle postazioni d’osservazione dove uno dei suoi uomini stava osservando con un binocolo cosa stava succedendo in lontananza. L’informarono che c’era stata una forte esplosione e che il bagliore che aveva illuminato la notte come fosse stata l’alba era dovuto ad essa. Sicuramente doveva essere stato un attacco alla fortezza luterana, forse una rappresaglia per l’intrusione senza invito di tre giorni prima, ma ci voleva del coraggio per attaccare proprio una delle loro capitali. Ad Emigholz non andava di intromettersi in questioni che esulavano dalla sua missione, ma qualcosa attirò la sua attenzione poco più in là di quello spettacolo.
Sul lato a sud ovest, al riparo dietro una collinetta, si potevano intravedere i corpi putrefatti e maligni di alcuni nassal. Normalmente nella notte non si potrebbero notare, ma i visori a raggi infrarossi di cui erano dotati gli ussari permettevano loro di controllarli senza difficoltà. Emigholz non capiva perchè fossero lì, non erano state segnalate cittadelle nelle vicinanze, a meno che non ne fosse stata creata una nuova di recente. La sola idea terrorizzava e allo stesso eccitava il capitano, pronto all’azione in ogni momento, ma non poteva attaccarli altrimenti la reazione delle tribù in lotta sarebbe stata alquanto spiacevole per lui. In ogni caso non poteva lasciare vivere, se così si può dire, quegli abomini, perciò pensò ad un piano per colpirli alle spalle senza farsi notare, ma anche il solo ingaggio di battaglia ed il rumore dei loro spari avrebbe potuto attrarre l’attenzione dei Crescientia e dei Luterani. Il suo dito si muoveva frenetico sul grilletto della sua pistola mentre cercava di trovare una soluzione per superare quel tratto di pianura senza farsi vedere, ma non c’era nulla da fare.
Nel frattempo la battaglia infuriava mentre gli assedianti, aiutati dai loro giganteschi animali, provavano a sfondare le mura della città. I difensori rispondevano con l’aiuto dei loro fucilieri che grazie ai loro mitragliatori tenevano a bada coloro che tentavano di saltare oltre le prime mura di protezione. La situazione era in stallo e le perdite da una parte e dall’altra continuavano a salire a dismisura. Dopo oramai due ore dall’inizio dello scontro finalmente una sezione delle mura di difesa cedettero solo l’assalto massiccio di un mammut, ma da quel punto giunse altra morte per gli assedianti sotto forma di una squadra di cavalieri infuriati. La battaglia si stava spostando fuori dalle mura e nuovi rinforzi arrivati da sud est ingessarono le fila dei Crescientia oramai decimate. Era uno spettacolo di morte come pochi se ne vedevano e la posta in gioco era sia l’orgoglio che un pezzo di terra molto prezioso per la sopravvivenza di entrambi.
Le forze luterane, comunque, rimanevano in superiorità numerica il che, unita alla loro conoscenza del territorio, dava loro un vantaggio tattico rilevante. Poco a poco gli attaccanti erano respinti indietro pericolosamente verso la zona presidiata dai Bauhaus e dai nassal che rischiavano così di finire in mezzo allo scontro.
- “Capitano che facciamo, se continuano ad avvicinarsi ci troveranno!”
- “Mantieni la calma soldato. Raggruppa i tuoi compagni e dai l’ordine di spostarci verso l’altopiano a sud di qui, il nostro contingente non è abbastanza numeroso da sopportare una battaglia di queste dimensioni. Voglio che manteniate finché possibile il contatto visivo con i nassal, intendo scoprire come si comporteranno e quali sono le loro intenzioni.”
- “Agli ordini, eseguo subito!”

Poche ore dopo, come aveva immaginato Emigholz, i Crescientia in rotta furono respinti verso sud, passando proprio dove prima si trovavano loro. I danni inferti alla capitale luterana furono ingenti, ma non sufficienti ad abbatterla. Purtroppo in mezzo alla confusione le spie dell’Oscura legione si erano dileguate, scomparendo nella pianura più ad ovest, lasciando un alone di mistero sul motivo della loro presenza.
PaoloBS
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Re: Ci provo anch'io. LA FINE DELL'UMANITA'

Messaggio da PaoloBS »

E io che pensavo che tu fossi analfabeta :lol: Complimenti maestro!
fizzban
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Re: Ci provo anch'io. LA FINE DELL'UMANITA'

Messaggio da fizzban »

Ottimo, un nuovo scrittore. :D :D :D
Per prima cosa ti consiglio di continuare, anche perche’ in questo modo mi ritrovo in compagnia a scrivere. Per quel che riguarda il racconto ti ho scritto un PM entrando piu’ nel dettaglio. :mrgreen:
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Re: Ci provo anch'io. LA FINE DELL'UMANITA'

Messaggio da stefanchenco »

PaoloBS ha scritto:E io che pensavo che tu fossi analfabeta :lol: Complimenti maestro!


Adesso ti picchio! :twisted: :lol:

Grazie Fizzban, entro fine settimana dovrei mettere on line ancora un paio di capitoli, lavoro permettendo ;)
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halakay
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Re: Ci provo anch'io. LA FINE DELL'UMANITA'

Messaggio da halakay »

Stefan,

bel lavoro e soprattutto tanto impegno.
Bravo!
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sandorado
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Re: Ci provo anch'io. LA FINE DELL'UMANITA'

Messaggio da sandorado »

Finalmente!
Un po' di racconti.
quindi l'idea di un concorso per il miglior racconto che verrà messo qui nel 2010 non è utopia... :-)
Perché certi uomini non cercano qualcosa di logico... non ci si ragiona né ci si tratta. Certi uomini vogliono solo veder bruciare il mondo. (Alfred Pennyworth)
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Re: Ci provo anch'io. LA FINE DELL'UMANITA'

Messaggio da stefanchenco »

bene bene, visto l'interesse vi dedico il prossimo capitolo ;)

CAPITOLO 6: MISSIONE DI RECUPERO

Mentre sul paradiso perduto infuriavano battaglie, in un piccolo avamposto su Venere, poco a sud della megacittà di Quan-to, si respirava un’aria distesa e serena. Piccoli contadini dissodavano il terreno strappato alla giungla, mentre i vassalli li controllavano dalle loro abitazioni signorili, oppure ne delegavano il compito a loro ufficiali di fiducia.
Tutto sembrava tranquillo se non fosse che, proprio in una di quelle dimore, si stava trattando un argomento alquanto spinoso che neppure gli interlocutori immaginavano potesse cambiare le sorti dell’umanità. La scatola misteriosa rubata ai Bauhaus era finita in mano ad un signorotto locale e ne stava trattando lo scambio con un samurai al servizio di un pezzo grosso della Mishima.
- “Per il bene della corporazione” intimò l’ufficiale “Dovrebbe vendermi l’oggetto, nelle sue mani non ha importanza, mentre se ne entrasse in possesso del mio padrone, lui sì saprebbe cosa farne”
- “Posso immaginare” aggiunse il proprietario di casa “Ma so anche che un artefatto così particolare deve valere molto.”
- “Se è un problema di soldi possiamo pagarlo profumatamente, non si preoccupi.”
- “Non sono solo i soldi che voglio, ma il potere. Non so chi sia il suo capo, ma io sono stufo di vivere in questo posto in mezzo a contadini. Pretendo un’adeguata ricompensa, non so se ci siamo capiti.”
- “E io non so se ha compreso me” intimò il samurai “Ho avuto l’ordine preciso di portarglielo, e non posso tornare a mani vuote. Posso arrivare ad offrirle 800.000 corone cardinalizie, ma non scendiamo a patti con un personaggio così umile.”
- “Come osi...”
Il volto del signorotto diventò paonazzo dalla rabbia mentre le vene sulle sue tempie sembravano esplodergli. Si sentì oltraggiato oltre ogni misura, ma sapeva che non poteva tirare la corda o ne sarebbe andata della sua vita. Riprese il controllo e con tutto l’autocontrollo che gli rimaneva chiese:
- “Vorrei cortesemente parlare direttamente con il suo capo, crede sia possibile avere un appuntamento privato con lui nella sua residenza?”
Il volto dell’altro conversante si fece imperscrutabile e con un cenno della testa annuì. Congedandosi aggiunse che avrebbe fatto sapere il luogo e la data dell’incontro al più presto.

Asciugandosi il sudore si sentì vittorioso, un incontro diretto con un’importante personaggio nella scala gerarchica lo avrebbe potuto portare molto in alto, nelle zone che gli competevano all’interno della corporazione. Ritornò quindi ai suoi soliti affari, sicuro di sé e del suo futuro.

Il pomeriggio stava oramai volgendo al termine e poco lontano dal villaggio le truppe Bauhaus inviate dalla vicina Tromberg sbarcarono per completare la loro missione di recupero. Le spie a Quan-to avevano riferito di non aver notato nulla di sospetto in entrata della città, e visto che la preziosa scatola nera era diretta probabilmente lì doveva essere ancora in viaggio, ed il loro compito era intercettarla e recuperarla.
Il comando di ranger si aprì a ventaglio ed iniziò ad entrare gradatamente nella boscaglia, mentre tre di loro stettero nei pressi dell’imbocco navale per fermare eventuali mezzi navali che avrebbero avuto il compito di recuperare gli uomini che riuscissero a superare l’avanguardia e salpare per l’isola della megacittà. In aggiunta era stato fornito loro anche il supporto di quattro elicotteri per abbattere il trasporto nel caso avvenisse via aerea, una precauzione più che legittima in questo caso.
Per tutta la notte non si vide anima viva nella zona, ed a turno le sentinelle si misero di guardia per riposare sotto il cielo stellato venusiano. Lo stesso fecero le truppe in avanscoperta accampandosi tra gli alberi, ma pronte all’azione in ogni momento se i nemici avessero approfittato dell’oscurità per spostare la reliquia.

Anche nel villaggio a pochi chilometri da lì la notte aveva avvolto con il suo sipario di oscurità i campi e le abitazioni. Solo l’ululato di alcuni lupi della giungla e il verso dei rapaci notturni interrompeva il silenzio assoluto che accompagnava il sonno degli abitanti.
Nella pace che regnava in quelle ore, un’ombra sia aggirava furtiva tra le risaie e le stradine di terra. Camminando con passo spedito il misterioso personaggio, saltando dentro un muro di cinta, entrò in una delle case più importanti del villaggio: quella di colui che possedeva la scatola tanto contesa.
Non si sentì nulla, segno che il suo lavoro lo sapeva far bene.
Tutto ad un tratto un esplosione e le grida di alcuni uomini svegliarono di soprassalto la popolazione. I fari si accesero dappertutto mentre i sistemi d’allarme gridarono incessanti, attraendo le guardie Bauhaus che sorvegliavano il perimetro dell’accampamento. In un attimo la squadra di ranger era sull’attenti, pronta a muoversi verso il luogo in cui si sentita tutto quel fracasso.
Nel frattempo all’interno della casa i ronin al servizio del padrone erano accorsi nella camera da letto del signore, ma lo trovarono disteso privo di vita con una ferita mortale che partiva dal collo fino quasi alla gamba sinistra, squarciandogli la pancia e riversando sul pavimento l’intestino e altre parti interne del corpo. Il muro che nascondeva la cassaforte era distrutto, segno che un ladro era entrato in casa.
La caccia iniziò immediatamente, ma il fattore sorpresa era a vantaggio dell’assassino che indisturbato aveva già lasciato la casa con il suo bottino.
Dal limitare del bosco i ranger osservarono gli accadimenti grazie ai tecnologici sensori notturni, ed ovviamente non sfuggì loro neppure il ladro che stava andando a nascondersi nel bosco. Non potevano immaginare cosa trasportava nel suo zaino e decisero di lasciarlo perdere, la missione aveva la precedenza su quello che loro ritenevano solo inutili rappresaglie interne dei Mishima.

Una volta lontano ed al sicuro il sicario si mise in contatto con i suoi compagni che giunti sul posto poterono ammirare l’oggetto del loro lavoretto.
- “Perfetto, l’operazione è andata meglio del previsto, il padrone ne sarà felice. Contattiamo immediatamente Yui Wasami in modo che ci venga a prendere e possa ritirare il “regalo”
- “Prendo subito la radio.” Così dicendo azionò lo strumento e chiamò il suo datore di lavoro “Squadra Ombra a Yui, mi riceve?”
- “Sì, vi sento forte e chiaro. Avete completato la missione?
- “Sì, abbiamo recuperato quello che voleva. Inoltre ci siamo permessi di punire l’insolente come ci aveva suggerito ed ora stiamo tornando indietro, mandi l’imbarcazione a prenderci.”
- “Ottimo, sarete ricompensati adeguatamente per tutto il servizio che avete svolto!”
Detto ciò il gruppo si mise in cammino verso la sponda del mare, ignari della sorpresa che li attendeva.

In pochi minuti raggiunsero il punto prestabilito e nascosti tra le fronde degli alberi aspettarono pazientemente l’arrivo del trasporto che li avrebbe riportati in città. Una luce apparì all’orizzonte, era il segnale di prepararsi all’imbarco.
La cosa ovviamente non sfuggì ai ranger appostati poco distante.
- “Squadra Alfa a Omega, mi ricevete? Passo.”
- “Sì vi sentiamo forte e chiaro. Ci sono novità? Passo.”
- “Affermativo, abbiamo notato una nave avvicinarsi alla riva poco distante da noi. Non sappiamo se sia l’imbarcazione che stiamo aspettando, ma è meglio che torniate indietro. Passo.”
- “Ci muoviamo subito, tempo previsto di arrivo venti minuti. Passo e chiudo.”
I tre ranger iniziarono quindi le manovre di avvicinamento facendo attenzione a non farsi scoprire. Aiutati dall’oscurità che ancora avvolgeva la regione per qualche ora, giunsero ad una cinquantina di metri dall’attracco.
La nave si fermò poco distante dalla riva ed in pochi secondi vennero fatti scendere tre gommoni per andare ad accogliere i loro ospiti. I quattro della squadra Ombra scesero dai rami e con rapidità si avviarono verso di loro. L’occasione era ghiotta per i ranger, i nemici erano in campo aperto senza protezioni, e non ci pensarono due volte ad aprire il fuoco. La scarica colpì in pieno due di loro che si accasciarono al suolo senza vita ed un altro si trovò con il braccio sinistro quasi strappato con i muscoli ridotti in poltiglia. Per loro fortuna la notte celava in parte i contorni dei loro corpi e con prontezza di riflessi i due sopravvissuti ebbero il tempo di tornare a nascondersi tra gli alberi mentre dai gommoni aprirono il fuoco per coprire la ritirata dei compagni.
In pochi secondi la spiaggia era diventata un campo di battaglia che aveva già mietuto due vittime. I guerrieri Bauhaus avevano un vantaggio rilevante, ma erano ancora in minoranza e cercavano di tenere a bada gli avversari, ma non sapevano cosa li avrebbe attesi da lì a poco.
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CAPITOLO 7: URLA DI DOLORE

Un’esplosione pochi metri davanti ai ranger sollevò una nuvola di sabbia che per qualche istante azzerò la visibilità. Pochi secondi dopo altre due bombe scoppiarono lì vicino, lasciando buchi profondi anche tre metri nel soffice manto della spiaggia, mentre un’altra volò sopra le loro teste finendo in mezzo agli alberi, facendoli crollare come stuzzicadenti ed incendiandoli. L’attacco proveniva dalla nave di scorta che, accortasi della battaglia avente luogo sulla riva, aveva iniziato a far fuoco contro gli assalitori. Era questione di poco prima che aggiustassero la mira e colpissero i ranger.
- “Presto, dobbiamo raggiungere gli elicotteri ed affondare la nave, è la nostra unica speranza!” gridò uno di loro.
Sparando dietro di loro per coprirsi la ritirata procedettero zigzagando tra la vegetazione verso l’unica possibilità di uscire vivi da quel inferno.
Nel frattempo le truppe Mishima erano scese dai gommoni e con i loro Shogun tentavano di bloccarne la fuga; già pregustavano il momento in cui avrebbero potuto sfoderare le loro preziose spade e trafitto i loro eterni rivali, ma in campo aperto il combattimento all’arma bianca era di difficile attuazione, così si accontentavano a malincuore di attaccarli da lontano.

Oramai gli elicotteri erano distanti neanche duecento metri e le loro preghiere erano tutte affinché non venissero colpiti per errore. Il fiato si faceva corto per la fatica di correre in mezzo ad un terreno così difficile, ma la loro unica speranza era lì in vista, e ciò gli donò nuovo vigore per continuare.
Gli ashigaru sulla spiaggia continuavano ad avanzare per nulla intimoriti dai Panzerknacker Bauhaus, anzi la distanza si faceva sempre più ridotta nel tentativo di raggiungerli.
Finalmente, dopo che a loro sembrava passata un’eternità, i ranger raggiunsero i veicoli e digitando il codice di accesso aprirono le cabine. Pochi istanti e avrebbero messo a ferro e fuoco la spiaggia con tutti quelli che ci si trovavano sopra.
Nel momento stesso in cui stavano salendo a bordo, però, una katana trafisse all’improvviso il corpo di uno di loro. Con gli occhi sbarrati dalla sorpresa appoggiò la mano sulla ferita, scoprendo con terrore un dal taglio nella sua armatura dal quale sgorgava abbondante un fiotto di sangue. Lo sguardo si fece annebbiato e girandosi si trovò faccia a faccia con il suo assassino. D’istinto cercò di alzare il fucile con le poche forze che gli rimanevano e che lo stavano abbandonavano, ma un’altra sciabolata gli mozzò di netto il braccio. Non riuscì neppure ad urlare, la morte arrivò istantanea e crollò a terra.
I suoi compagni sentirono l’odio crescere guardando in faccia il loro aggressore e disperatamente estrassero le loro spade nel tentativo di ammazzarlo. Ogni secondo era prezioso perchè gli ashigaru stavano avanzando senza mai fermarsi, anche se fortunatamente avevano cessato il fuoco per non colpire il compagno.

L’ombra si mosse in avanti come un fulmine e con la sua katana disarmò in un istante l’avversario. Era davvero incredibile l’abilità con cui maneggiava la sua arma, ma l’agilità non era da meno.
Nel tentativo di proteggere il suo amico l’altro ranger si lanciò in avanti. Le lame si toccarono lanciando scintille tutt’intorno, mentre il misterioso assalitore continuava ad essere avvolto da una strana cappa oscura che lo rendeva ancora più simile ad un’ombra di quanto non lo fosse già con la sua tuta nera. I ranger erano visibilmente sconvolti da ciò che vedevano, ma senza demordere ripresero la controffensiva preparandosi all’attacco dai due lati. Per nulla intimorito il ninja, con un balzo felino, saltò sopra uno degli elicotteri e con una capriola all’indietro atterrò alle spalle di uno dei suo avversari che non fece neppure in tempo a capire cosa stava succedendo, che si ritrovò la gola tagliata di netto. L’assassino lanciò il corpo oramai senza vita verso l’altro ranger che nettamente sorpreso cadde sotto il suo peso. Cercò di liberarsi, ma fu inutile: l’ultima immagine che vide era un essere dalle fattezze confuse, quasi incorporee, circondato da un’aura più oscura della notte, trafiggerlo con la sua spada. Un istante dopo la morte lo raggiungesse inesorabile.

- “Signore, è stato grande! Abbiamo potuto ammirare la sua classe mentre cercavamo di venirle in aiuto.”
- “Non scherziamo, non potevo sicuramente avere bisogno di una mano contro questi pivelli, è stato fin troppo facile. Ora pensate al mio compagno che è gravemente ferito e saliamo subito a bordo!”
- “Ci perdoni per l’insolenza. Provvediamo subito a soccorrerlo. Degli altri due corpi senza vita della squadra che ne facciamo? Li portiamo con noi per dar loro sepoltura?”
- “Lascia perdere” disse con un sorriso di scherno la figura vestita di nero “oramai si saranno dissolti...”
- “Come dissolti?! Che vuol dire?”
Gli ashigaru si voltarono e, come gli avevano fatto notare, sulla spiaggia rimanevano solo gli abiti del resto del gruppo. Un’espressione stupita apparve sul loro volto, ma per evitare di farlo innervosire non fecero altre domande e si misero subito ad eseguire gli ordini ricevuti.
Una volta tornati ai gommoni risalirono sulla nave e voltando la prua si diressero verso Quan-to.

Poco dopo arrivarono gli altri ranger, ma poterono solo constatare la morte dei loro compagni: pochi minuti prima e avrebbero potuto salvar loro la vita. Si guardarono dritti negli occhi e senza dover proferire parola capirono che dovevano immediatamente vendicarli, il codice d’onore glielo imponeva. Iniziarono la perlustrazione dell’area per avere degli indizi, ma avevano già compreso cosa poteva essere successo. Quattro di loro saltarono sugli elicotteri pronti più che mai a scovare e massacrare gli assassini dei loro amici ed alzandosi in volo si mossero contemporaneamente verso il mare.
Le probabilità che si fossero diretti verso la capitale Mishima erano alte e dovevano fare attenzione, non potevano avvicinarsi troppo o sarebbero entrati nello spazio aereo ostile e non avrebbero avuto scampo.
Volando a tutta velocità, tenendosi il più vicino alla superficie del mare per evitare i radar, la squadra aerea tentava di scovare la nave nemica.
- “Ragazzi, ricordatevi che dobbiamo vendicare i nostri caduti, ma al tempo stesso recuperare quella dannata scatola. Il piano è di attaccarli distruggendo le loro difese antiaeree e l’impianto di comunicazione per evitare che chiedano rinforzi, atterrare sulla nave, riprenderci quello che ci hanno rubato e andarcene, ovviamente non prima di aver affondato la bagnarola, s’intende. Tutti d’accordo?”
In coro gli altri annuirono entusiasti ed azionando i motori al massimo si lanciarono all’inseguimento.
Non ci volle molto prima di individuare la preda, una luce in fondo all’orizzonte tradiva la sua presenza. Con abili manovre i ranger si aprirono in formazione, pronti a colpire senza pietà il nemico.
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CAPITOLO 8: UNA BRUTTA SORPRESA

Sulla nave l’equipaggio in festa si scolava una bottiglia di birra dopo l’altra. La vittoria conquistata poco prima aveva messo di buon umore tutti quanti ed in mezzo ad alcool e canti popolari si pregustava il ritorno a casa dalle proprie donne. Il servizio che avevano portato a termine, che all’inizio doveva essere semplice routine, si era trasformato a sorpresa in un bagno di sangue, ma fortunatamente avevano portato tutti quanti a casa la pelle, motivo in più per rallegrarsi.

Tutto ad un tratto la sirena dell’allarme s’illuminò e con il suo suono agghiacciante li riportò alla realtà. In un attimo la stanza che prima piena di gente, allegria e vita si svuotò e l’equipaggio corse sul ponte a scoprire cosa stesse succedendo. Come nei peggiori incubi il rumore dei rotori di alcuni elicotteri si stava avvicinando sempre di più, e visto che il suono proveniva da dietro di loro sicuramente non potevano essere amici.
- “Tutti ai posti di combattimento, nemici in vista!” ordinò il capitano dell’incrociatore mentre virando a babordo si portava di lato per fronteggiare i velivoli. In pochi secondi tutti erano alle loro postazioni pronti a respingere l’attacco, ma prima ancora di poter aprire il fuoco due missili terra aria colpirono il lato della nave causando gravi danni e distruggendo due mitragliatori. Un terzo centrò in pieno il centro di comando della nave, esplodendo in una fiammata e scagliando in aria i corpi martoriati dei soldati per decine di metri.
L’attacco colpì di sorpresa l’equipaggio che vedendo ben quattro Dragonfly volare verso di loro si fece prendere dal panico. Solo in pochi riuscirono a tenere i nervi saldi tentando in tutti i modi di tenere lontano la minaccia e di farli affondare, ma la maggior parte si buttò in mare in preda al terrore. Le fiamme nel frattempo si stavano propagando sul ponte della nave, creando un inferno in cui i pochi sopravvissuti stavano alle torrette rimaste e, con tutto il loro coraggio ancora in corpo, facevano fuoco contro gli elicotteri.
I proiettili da cinquanta fendevano l’aria in cerca del nemico, ma l’agilità dei Dragonfly era conosciuta ed, unita all’abilità dei ranger, permise loro in un attimo di disfarsi degli avversari. In pochi minuti erano già sopra la nave pronti ad entrare sottocoperta per distruggere le ultime resistenze e recuperare la tanto contesa scatola nera.
- “Jack, Philip e Sergei, scendete e scoprite dove si trova l’artefatto. Io rimarrò di guardia qui fuori a coprirvi le spalle.” ordinò il capo della squadriglia ai suoi compagni.
- “Non avremmo voluto sentire un ordine migliore!” esultarono gli altri, memori dei loro amici morti due ore prima sulla spiaggia, ancora solo in parte vendicati.
Con il pilota automatico inserito i tre si calarono sull’imbarcazione e con rapidità si diressero verso il boccaporto quasi divelto dall’esplosione dei loro missili. Una scala di metallo debolmente illuminata portava ai piani sottostanti. Senza indugio scesero, pronti ad affrontare qualunque pericolo gli si presentasse davanti.

Un lungo corridoio con varie porte in entrambi i lati percorreva il primo piano della nave. I nemici potevano nascondersi in ogni cabina, pronti a tendere un’imboscata ai ranger, ma non potevano usare troppa cautela, il tempo era loro nemico quanto i Mishima che potevano attenderli. Con fare sicuro e pistole in pugno ispezionarono una alla volta tutte le stanze, ma in nessuna di esse si trovava l’oggetto della loro missione. Tutto l’equipaggio sembrava sparito, probabilmente morto o fuggito in mare. Al primo piano non trovarono nulla, così passarono al secondo. Qui l’illuminazione scarseggiava, probabilmente il generatore era stato danneggiato e procurava elettricità solo in modo alterno. L’atmosfera era tipica dei migliori thriller, ma gli attori non ne erano molto felici.
- “Jack, Sergei, ricominciamo a cercare. Entrate con attenzione in ogni cabina, io rimarrò fuori a coprirvi.”
Philip era il più anziano in servizio tra di loro e perciò era il più indicato per il ruolo che doveva compiere. In mezzo a quella luce altalenante, però, vide qualcosa che neppure in tutti gli anni di onorata carriera aveva mai potuto osservare. In mezzo al corridoio, zigzagando tra le porte delle varie stanze un’ombra, la cui oscurità non era intaccata minimamente neppure nei brevi momenti in cui il piano era illuminato, avanzava verso di lui. Il sudore cominciò ad imperlargli la fronte non capendo esattamente cosa fosse così d’impulso aprì il fuoco verso la strana figura che, per evitare il fuoco, si spostò con agilità verso destra. Gli spari attirarono Jack e Sergei che, lasciando perdere le loro investigazioni, ritornarono verso il corridoio; sporgendosi fuori non credettero neppure loro a ciò che vedevano.
Terrorizzati azioanrono a loro volta le pistole semiautomatiche, ma i proiettili sembravano trapassare quell’individuo (o almeno sembrava tale) dalle sembianze oscure che poco a poco si avvicinava. D’un tratto, con una mossa inaspettata e come se si fosse teletrasportato, quell’ombra uscì dalla porta appena successiva a quella in cui si trovavano i ranger. Colti totalmente di sorpresa il panico s’impadronì di loro e affannosamente cercarono di raggiungere la scaletta per scappare dallo spaventoso aggressore. Il corridoio stretto e la scaletta in cui passava solo una persona alla volta non aiutavano di certo la fuga, anzi al contrario favoriva l’assalitore che, fiutando la paura delle sue prede, gli si avventò contro con ferocia. Con rapide mosse estrasse un pugnale nero ricurvo che, con una precisione assoluta, infilò nel collo di Jack, uccidendolo all’istante. Sergei, vedendo il compagno crollare a terra, cercò disperatamente di estrarre la sua spada. Non era l’arma migliore per combattere in uno spazio così ristretto, ma era la sua unica possibilità. Con un sciabolata precisa tagliò in due l’ombra senza però arrecarle danno quasi fosse fatta d’aria. I suoi occhi si spalancarono con un terrore che mai aveva provato prima nella sua vita, che oramai sentiva giunta al termine. In un attimo le tenebre lo avvolsero e la lama del suo assassino gli squarciò il petto.
Nel frattempo Philip era riuscito a raggiungere l’entrata del primo piano ed in un lampo scavalcò la ringhiera per correre disperatamente verso l’uscita. Il suo aggressore non si fece pregare due volte ed iniziò subito l’inseguimento, la caccia non era ancora terminata e la sua sete di sangue doveva ancora essere placata.
Philip si guardò indietro e vide quel dannato fumo nero, o così gli sembrava, sbucare dalla botola da cui era passato pochi istanti prima. Se i suoi compagni non erano riusciti a fermarlo come poteva lui da solo? Le idee si facevano sempre più confuse mentre la scaletta che portava al ponte superiore pareva non avvicinarsi mai. Senza neppure pensarci estrasse dalla sua tasca una granata luminosa, anche se qualsiasi cosa potesse fermare quel mostro sarebbe andata bene, e se la lanciò alle spalle. Con un esplosione di luce accecò l’ombra che lo seguiva, costringendola a fermarsi e nascondersi in una delle cabine. Aveva guadagnato tempo prezioso per fuggire, oramai la missione se l’era completamente dimenticata e pensava solo ad allontanarsi da quel dannato inferno.
- “Andreis, dobbiamo andarcene, non ho mai visto nulla di simile!”
- “Stai calmo Philip e dimmi che sta succedendo!”
- “Non lo so neppure io, qui sotto c’è una strana cosa che mi sta inseguendo. Sono quasi fuori, tra poco mi vedrai. Preparati a fare fuoco con tutto quello che hai appena sbucherà dal boccaporto, non so che sia ma ho dubbi perfino che sia umana!”
- “Lascia fare a me, ho già il dito pronto sul grilletto, non avrà scampo! Tu pensa solo a venire fuori di lì e...” la comunicazione s’interruppe improvvisamente per lo squillo d’allarme sul suo Dragonfly. “Oh no muoviti, abbiamo problemi anche qui sopra. Il radar ha individuato delle navi in avvicinamento da nord, dobbiamo partire immediatamente! Sbrigati!”
Con una smorfia di disappunto Philip si lanciò ancora più rapidamente verso le scale oramai distanti pochi passi da lui. Con il fiato corto si aggrappò alle sbarre laterali e con l’aiuto delle braccia salì saltando i gradini a tre alla volta.
Finalmente dopo un’eternità poté ammirare la luce del sole, una vista che lo rincuorò e gli diede nuove energie. In un attimo balzò sul veicolo fermo a mezz’aria, appena in tempo per vedere all’orizzonte la flotta nemica che avanzava minacciosa.
- “Guarda Andreis ecco quel mostro di cui ti parlavo! E’ appena sbucato sul ponte.”
Sotto di loro era uscita all’aperto anche la strana figura che aveva ucciso tutti i loro compagni. Le nere volute di fumo che lo avvolgevano poco a poco si stavano diradando, e sotto quel manto di oscurità poterono intravedere il corpo alto e snello di un uomo mascherato. Il suo sguardo era come il ghiaccio e letale come la sua spada, e li stava sfidando a tornare a terra per finirli.
- “Non possiamo rimanere qui oltre, siamo quasi a portata di tiro dei loro cannoni. Andiamocene prima che sia tardi.”
Dicendo questo i due ranger si allontanarono dalla nave, la missione era fallita miseramente come pure la loro vendetta.
- “Non finirà così, lo giuriamo!” pensarono mentre se ne andavano.
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